lunedì 21 marzo 2016

Le macerie di un'umanità senza Dio


18-3-2016
Carissimi figlie e figli della chiesa di Ferrara-Comacchio,
stiamo vivendo un momento terribile, che non riusciamo a definire, mentre - impietriti dall’orrore - ci passano davanti per l’ennesima volta i racconti sempre più dettagliati dell’efferato omicidio di Roma, espressione disumana di una violenza perseguita senza esitazioni ad opera di due giovani che dalla vita hanno avuto tutto, e così hanno creduto di potersi concedere pure la particolarissima esperienza di vedere cosa si provi ad ammazzare un ragazzo, un essere umano.
Questa esperienza terribile, ma già in qualche modo decodificata, ridotta e parzializzata, forse sta lì a dirci che la nostra società ha imboccato un vicolo cieco, come ha sottineato un giudice che si occupa del caso quando ha scritto che uno di loro non ha mostrato il minimo senso di pietà, quella “pietas” umana che è la base essenziale su cui fondare ogni consorzio civile.
Questo è oggi il sepolcro di Cristo, la tomba da cui Cristo esce ancora una volta vittorioso. Queste sono le macerie di un’umanità e di una società che ha preteso di fare a meno di Lui, anzi di opporsi, di ridurlo e di emarginarlo molte volte con la violenza, arrivando a fare l’esperienza amarissima di una dissoluzione della propria stessa vita.
Come risuonano illuminanti, nella nostra situazione odierna, le parole di Henri de Lubac, molte volte citate da San Giovanni Paolo II, quando ci ricorda che l’uomo che si oppone a Dio tende a costruire una società nella quale la sua umanità non può che annientarsi.
Noi sentiamo sul cuore il peso del fallimento di un’impostazione dei rapporti sociali che si rivelano ogni giorno di più alla mercé della violenza, considerata come modo per impostare o per risolvere i problemi, dal livello familiare fino a quello tra le comunità internazionali, in questo mondo della cosiddetta globalizzazione.
L’orrore tende a diventare poi disperazione e se ne avvertono i sintomi nella vita degli uomini che ci stanno accanto. Molte volte la disperazione è mascherata dalla presunzione di successo o di benessere perseguito a tutti i costi o dall’espressione incondizionata dei propri istinti e dei propri desideri, a cui questa società si dispone a concedere ogni riconoscimento civile e giuridico. Penso anche allo sproporzionato e inaudito impegno per promuovere leggi che minano alla base la famiglia e la vita umana, trascurando i grandi ed evidenti problemi reali del Paese e della gente, come il lavoro, l’immigrazione, l’insicurezza del vivere, la giustizia sociale.
Di fronte a tutto ciò non possiamo non dire, con vivida chiarezza, che questo è un disegno per rinchiudere definitivamente Gesù Cristo nel sepolcro, alla stregua dei farisei e delle autorità sacerdotali del suo tempo.
In realtà da questo sepolcro, ora come allora, Gesù Cristo risorge vittorioso per dare all’umanità sconvolta il dono di una vita nuova, di un’esistenza più intensa, che finalmente accoglie il progetto originale con cui Dio l’ha pensata.
E ancora una volta l’umanità nuova - nel lungo e quotidiano cammino della fede, della speranza e della carità - è chiamata a sperimentare la resurrezione, come esperienza attuale e come ragione per continuare oggi quel grande movimento missionario che proprio la stessa resurrezione di Cristo e l’effusione dello Spirito ha fatto nascere nel cuore dei primi credenti che l’hanno poi trasmessa fedelmente di generazione in generazione.
Che dirvi di più radicale ma insieme di più semplice di questo: ritorniamo a credere in Cristo morto e risorto per noi.
Ritorniamo a credere in Lui che solo può salvare la nostra vita dal male cioè dall’inconsistenza, e che solo può dare alla nostra ragione la sua apertura adeguata che ogni giorno si protende verso la conoscenza della verità, del bene, della bellezza e della giustizia. Gesù solo può dare al nostro cuore una ragione autentica per vivere i rapporti con tutti gli uomini ovvero la carità, cioè la responsabilità di coinvolgere la vita di quelli che incontriamo nella vita di Dio, di cui siamo destinatari e insieme protagonisti.
Diversamente non ci sarebbe nessun motivo di positività nella percezione dell’esistenza così come quotidianamente la vediamo vivere, e molte volte forse la viviamo anche noi.
Ma le cose vecchie sono passate, ecco io faccio una cosa nuova – dice il Signore - che germoglia in voi. Voi non ve ne accorgete ma questo germoglio c’è, ed è a questa chiesa che io dico, come Pastore, che la vita nuova c’è, è dentro di noi come un germoglio che deve tendere a maturare pienamente, attraverso Cristo, partecipando sempre più profondamente alla Sua vita.
La novità è dunque la fede nel Signore Gesù Cristo, crocifisso e risorto; è la fede nel suo popolo in cui Lo incontriamo ogni giorno e con il quale ci immedesimiamo nel lungo cammino che la chiesa compie affinché la fede maturi in cultura nuova, in carità e in impeto missionario.
Questa è la nostra Pasqua!
Il sepolcro di Cristo, che è più radicalmente il sepolcro dell’uomo che ha presunto di se stesso, viene travolto dall’energia della resurrezione. Accettiamo che questa energia ci coinvolga, perché da noi investa la vita dei nostri fratelli e sorelle, e di tutta la società.
La nostra è certamente una Pasqua strana, vissuta e proclamata in un mondo in dissoluzione, ma non per questo dobbiamo nascondere al mondo la verità della salvezza; al contrario dobbiamo immettere dentro la sua dissoluzione l’unica possibilità di speranza data all’uomo di oggi, come all’uomo di duemila anni fa: Cristo Signore della vita e della morte, redentore dell’uomo e del mondo, centro del cosmo e della storia.
Questa Pasqua la viviamo nell’Anno Santo della Misericordia, donato provvidenzialmente a tutta la Chiesa dalla grande presenza di papa Francesco: che sia sempre più partecipazione viva alla misericordia di Dio, che è Cristo, e comunicazione di questa misericordia, attraverso la nostra testimonianza, a tutti gli uomini che incontreremo. Senza nessuna esclusione e senza nessuna limitazione, con il cuore aperto ad ogni uomo nella chiarezza del giudizio sulle condizioni in cui l’uomo vive, ma insieme nella certezza che da questo giudizio nasce uno scambio autentico di vita divina, ricevuta, testimoniata e donata.
Chiedendo alla Beata Vergine Maria, Madonna delle Grazie, di intercedere in modo particolare per la vita buona del nostro popolo, porgo a tutti voi i miei più sentiti auguri di buona Pasqua e vi benedico di cuore.

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