sabato 12 settembre 2015

Una concezione non retta della compassione e della misericordia


È a voi ben nota la tentazione di ridurre, in nome di una concezione non retta della compassione e della misericordia, le esigenze pesanti poste dall’osservanza della legge. Al riguardo occorre ribadire che, se si tratta di una violazione che tocca soltanto la persona, è sufficiente rifarsi all’ingiunzione: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Ma se entrano in gioco i diritti altrui, la misericordia non può essere data o accolta senza far fronte agli obblighi che corrispondono a questi diritti.
Doverosa è pure la messa in guardia nei confronti della tentazione di strumentalizzare le prove e le norme processuali, per raggiungere un fine “pratico” che forse viene considerato “pastorale”, con detrimento però della verità e della giustizia. Rivolgendomi a voi alcuni anni addietro, facevo riferimento ad una “distorsione” nella visione della pastoralità del diritto ecclesiale: essa “consiste nell’attribuire portata ed intenti pastorali unicamente a quegli aspetti di moderazione e di umanità che sono immediatamente collegabili con l’aequitas canonica; ritenere cioè che solo le eccezioni alle leggi, l’eventuale non ricorso ai processi ed alle sanzioni canoniche, lo snellimento delle formalità giuridiche abbiano vera rilevanza pastorale”. Ma ammonivo che, in tal modo, facilmente si dimentica che “anche la giustizia e lo stretto diritto – e di conseguenza le norme generali, i processi, le sanzioni e le altre manifestazioni tipiche della giuridicità, qualora si rendano necessarie – sono richiesti nella Chiesa per il bene delle anime e sono pertanto realtà intrinsecamente pastorali”. È pur vero che non sempre è facile risolvere il caso pratico secondo giustizia. Ma la carità o la misericordia – ricordavo nella stessa occasione – “non possono prescindere dalle esigenze della verità. Un matrimonio valido, anche se segnato da gravi difficoltà, non potrebbe essere considerato invalido, se non facendo violenza alla verità e minando, in tal modo, l’unico fondamento saldo su cui può reggersi la vita pastorale, coniugale e sociale”. Sono principi, questi, che sento il dovere di ribadire con particolare fermezza nell’Anno della Famiglia, mentre ci s’avvede con sempre maggior chiarezza dei rischi a cui una malintesa “comprensione” espone l’istituto familiare.

Papa Giovanni Paolo II
(Discorso alla Sacra Rota, 1994)

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